Lettera di San Gaetano a Suor Laura Mignani

S. Gaetano narra la mistica visione del Natale 1517 presso la Basilica di S. Maria Maggiore in Roma.

Veneranda Madre in Cristo,

Spero che il fuoco divino si possa talmente accendere in voi, da riscaldare non solo i vicini, ma anche noi, lontani nel corpo e nel modo di vivere.

In tutte le vostre lettere affiora il piacevole ricordo della mia povera persona: ciò mi rende felice;certo non posso ricambiarvi degnamente, ma ci provo ugualmente; a parte poi che, se anche volessi, non potrei certo dimenticarmi di voi, in particolare quando mi trovo, io verme e fango, in mezzo al Paradiso e alla Santissima Trinità, ad amministrare Colui che illumina il sole e Creatore dell’universo.

O infelice sorte di tanta mia cecità! Sarebbe ora che io mi svegliassi per prendere una decisione: o ritirarmi e umiliarmi come indegno o, come fedele dispensatore e umile tesoriere, farmi ministro dell’umile Signore.

Ogni giorno prendo Colui che mi grida: “Impara da me che sono umile…” ed io resto superbo; prendo la Luce e la Via che mi dice: “Seguimi” ed io resto nel mondo; prendo quell’ardente fuoco che mi dice: “Sono venuto per portare il fuoco e la spada…” ed io resto freddo, pigro e attaccato agli affetti di questa misera vita. E tuttavia l’infinita pazienza paterna mi tollera, mentre io non so tollerare avversità alcuna per il mio Signore. Però ho ben tollerato, per tanti anni, le ferite mortali inflittecontinuamente alla mia misera anima; sono stato indulgente e pieno di attenzioni per la carne, il mondo, il nemico. Sarebbe ormai ora, Reverenda Madre in Cristo, che io facessi guerra senza quartiere a questi miei tre irriducibili e pestiferi nemici e con l’aiuto della Croce superarli.

Ma, sebbene lo desideri, io non posso o meglio non voglio rinnegare il mio io negativo e desiderarne il disprezzo degli altri, se prima non mi verrà concesso dalla mia Padrona Maria. Lei lo può, e mi ha già dimostrato di volermi bene, con larghezza di doni, ma non ha fatto ancora niente se non mi concede anche questo dono.

Lei lo sa bene, avendo detto: “guardò l’umiltà della sua serva”. Io sono un ingrato, non voglio servirla, la fuggo, lo confesso; ma è giusto che sia fatta non la mia ma la sua volontà. Io so che Leivuole i ministri del suo dolce e ora piccolo Gesù come Lei: umili.

Perché non realizza questo anche in me? E’ onore suo, è desiderio suo, è possibilità sua. Da Lei io sono stato amato, allevato e vestito. Ora perché mi abbandona? Gridate, madre! Lamentatevi con la vostra Stella e Maestra perché io, sua creatura, possa diventare umile e piccola cosa. Qual è quel fuoco così grande che presto non Si spegne se non viene ricoperto da molta cenere? Siano i miei sentimenti, il mio corpo, il mio cuore, tutti cenere; sia questa glaciale anima mia un fuoco.

Questo io posso sperare se la mia Padrona e Stella verrà pregata da voi, e riceverà assicurazioni e promesse sul mio conto.

Se mi concede quello che bramo non la lascerò mai, né mai lascerò il suo vecchierello Sposo, né il piccolo Gesù: in Egitto, nel deserto, in tutti gli altri suoi travagli, fino alla Croce e alla sepoltura io sarò con Lei.

Io audace, nell’ora del suo parto Santissimo, mi trovai nel vero e materiale santissimo Presepe: ad incoraggiarmi fu il beatissimo Girolamo, padre mio, grande amante del presepe, i cui resti riposano all’ingresso dello stesso presepe; e con qualche confidenza del Vecchierello, dalle mani della timida Verginella io presi quel tenero fanciullo carne e vestimento dell’Eterno Verbo. Duro era il mio cuore,credetemi, perché, se non si è in quel momento liquefatto è evidente che è di diamante: pazienza! La stessa cosa mi accadde alla Circoncisione e, nonostante tutto, i miei sensi rimangono incirconcisi.

E ancora mi capitò lo stesso fenomeno per l’Epifania: ma i miei doni non sono altro che rottami, cattivo odore e rudezza. Non sono passati neanche cinque giorni che mi sono trovato ancora nello stesso luogo e, insieme ad essi, al tempio, per udire il dolce cantico del vecchio Simeone e le dure eamare parole della nota profezia. Io, Madre in Cristo, da oggi in poi e in ogni momento, offro e offrirò sempre il nome vostro, finché mi sarà concesso dall’Alto e non per i miei meriti, ma per i meriti della vittoriosa Passione di Cristo.

Potrò fare meglio se sarò aiutato ogni mattina dalla vostra carità, poiché voi sapete bene che ciò non gioverà solo a me, ma a tutto il popolo di Dio, del passato e del presente.

Per questo popolo io presento al Padre il desolato Agnello perforato di spine, di chiodi e lancia; Agnello che non cessa mai di gridare: Padre, tutte queste cose io soffro, perché non si perdano; perdonali. Perché non sanno quello che fanno.

Il vostro amato figliolo [Bartolomeo Stella] sarà aiutato e ne goderà anche l’anima del suo defunto fratello, per il quale, ogni giorno, prego ai piedi di tanti autentici imitatori di Cristo, i Santi, i cui meriti aiuteranno anche voi. Sono certo che il nostro amico che è forte, saprà piuttosto ringraziare il sommo Dio più che lamentarsi con Lui; questo darà consolazione a voi e spero che ne guadagnerà anche il padre; anch’io penso la stessa cosa, perché “Questo è stato voluto dal Signore ed è santo”. Madre in Cristo le vostre fatiche sono ben spese, continuate ad impetrargli [al padre di Bartolomeo] la veste nuziale, perché presto, spero, entrerà tra gli amici dello Sposo per non uscirne più.

Dalla vostra capisco che avete scritto a Bartolomeo e a me: mi dispiace moltissimo, ma la lettera è andata smarrita perché Dio non mi ha fatto degno di riceverla per i miei peccati. Lo Sposo vostro vi dia forza per rifarla, perché io la desidero ardentemente, specialmente perché, passata Pasqua, dovrò partire per Venezia e vedere se Dio vuole che io trovi la quiete dell’anima per servire ovunque, il mio Signore, senza affanni di patria e parenti.

So che vi è stata annunciata la morte di un servo di Dio che viveva lontano da qui. Questo può accadere ogni momento, ma non voglio servire il Signore per questo, ma solo per amore, se avrò la sua grazia. Il nemico è cattivo: non vorrei che fosse una sua tentazione! Io non posso mettermi a correre, a meno che la bontà di Dio non mi dia forze per farlo. Certo che mi creerebbe disagio, poiché ancora non ho cominciato neppure a servirlo, ma non per mia volontà…

Se la mia venuta non vi infastidisce, avendo a disposizione tre ore, verrò a visitarvi senza che lo sappia alcuno, tranne voi e il fratello mio Bartolomeo. Ma sebbene io non meriti alcun favore umano o divino, tuttavia, per il cuore di Cristo vi prego di accogliermi come il vostro figlio D. Bartolomeo. E se prima di partire vi servisse qualche cosa dal Papa, per voi o per il vostro monastero, avvisatemi, perché faro tutto ciò che mi è possibile e oltre. Ma anche dopo che sarò partito, lascerò sempre qualche amico nel mondo che, all’occorrenza, userà volentieri il suo potere, specialmente se glielo chiederà Messer Bartolomeo. E’ vero che io sono poca cosa, ma qualche volta supplirà la carità. L’unione con lo Sposo vostro si fortifichi sempre più con voi e anche con noi.

Roma, 28 gennaio 1518.

L’infruttuoso servo di Cristo e figliolo vostro GAETANO DA THIENE

PS Ora vedo che sono stato troppo lungo; me ne dispiace; abbiate pazienza e attribuitelo alla mia poca prudenza.

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